Trentuno

È che preferisco le sere alle mattine.
I tramonti delle cose trascorse, degli sbagli fatti e di quelli non più possibili, dei malesseri spalmati e degli attimi che ne interrompono la persistenza.
Le malinconie che le gioie e i dolori, assiepati vicini, sono diventati.
I tramonti.
Non le albe, da quando le attese, cresciute male, si sono fatte ansie.
È che ciò che sarà è legato indissolubilmente a ciò che non potrà più essere. È che può essere ancor più vecchio del precedente, il nuovo anno. E il vecchio, in fondo, è qualcosa che ci ha ancora concesso di farla franca.
A me ha dato un scusa plausibile per i miei ritardi. Di dieci minuti, ché sono per strada, o di qualche lustro, che non so più dove sia.
Brindo solo al passato, quando è ancora presente. In quel nuovo sorriso nel piccolo spazio tra il tutto ed il niente.


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