Sala scommesse

Parcheggio agile occupando un po’ più della porzione di carreggiata a disposizione. Assicuro la mia posizione sul bordo del codice stradale tirando su il freno a mano con fierezza mascolina. Scivolo su gagliardo. Mi chiudo lo sportello alle spalle con veemenza. Espiro sfiatando prepotenza. Spingo dove dice tirare. Correggo il tiro contrariato ed entro in uno dei peggiori centri scommesse di Caracas (vabbe’… non proprio Caracas). Gioco il mio pronostico.
In bella mostra accanto alla tv al plasma tre fogli A4 nastrati al muro descrivono fermamente i divieti del caso: divieto d’accesso ai non soci, divieto di fumo, divieto di giocata per i minorenni; elusi nell’ordine in 4 primi e 37. Di fronte uno sparuto gruppo occhi e orecchi quasi dentro lo schermo mentre la partita entra nel vivo. I commenti di matrice rigorosamente tecnico-tattica si sprecano. La tensione è palpabile. La tenzone probabile.
Dalla porticina secondaria della saletta slot, il rumore tintinnante delle monetine che cadono giù da un videopoker. Il giocatore doveva essere stato molto fortunato, e la vincita corposa, se il tintinnio si protraeva per più tempo rompendo l’idillio dell’erudita platea, che iniziava a rumoreggiava infastidita. Dall’ultima fila, all’improvviso, si leva la magia: “Llenne la suoneria!!!”.
Adoro.

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