Posture

A ‘na certa, da essere un competitore seriale cronico a fare sport per sé stessi è un attimo. Da qui a muoversi solo per riacquisire una posizione eretta è ancor meno.
Ma tant’è.
Bisogna dotarsi di pazienza, accettare il normale corso delle cose, anche quando sono tue, le cose, cercare il buono che c’è, e continuare a chiedere al proprio corpo, solo con più gentilezza.
Togliamo di mezzo il lattosio, un mese di trattamento detox, sedute di neural e ozonoterapia infiltrate con materno sadismo lungo la mia dorsale, le mani sapienti del mio operatore di fitness di fiducia e la sua panca posturale.
Rimettere bacino e vertebre in asse, dice.
Epperò, pianopianopiano, devo dire… ma non lo dico, eh…
Con nuove e sorprendenti sembianze da bipede, dopo l’ultima seduta, puntando sui gradini inaspettato vigore, risalgo le scale ed entro in macchina. A cigolare è solo la portiera, per una volta. Le mie giunture restano sorprendentemente mute. Mi giro a destra e a sinistra con sufficiente disinvoltura. Ed è pure una giornata di quelle da passeggiarci sopra. Lecce soleggiata e fresca, i caffè aperti.
“Prenditi cura di te”, dice alla televisione una pubblicità di prodotti che non posso più usare.
Me la prendo, allora, un’ora di passeggio. Silenziosa.
Non c’è moltitudine informe che scorre, ma il giusto compromesso di presenze, discrete, identificabili, e senza fretta.
Mi affaccio a qualche vetrina, fingendo di non sapere che siamo a ridosso dei saldi, mi fermo in liberrima, fingendo di saper leggere. Entro in gelateria: ananas e mango, ché alla frutta sono senza lattosio.
-Vuole assaggiare il fico?- mi fa la gelataia. Oggi mi sento che potrei dirle altrettanto, ma ometto.
Riparto. Via Trinchese, direzione Mazzini. Una leccata e un passo. In asse. Postura scrupolosa e fiera. Fino alla macchina.
16.05. Perfetto orario grattino.
Saranno stati anni che non mi permettevo passeggiate pomeridiane per il gusto in sé di farne.
Bene.
Accontentarsi, d’accordo.
Di quattro passi.
Appunto.
Passi che l’incedere non era quello deciso e sprezzante dei vent’anni.
Passi che a Lecce ci sono finito per correggere le mie errate convinzioni posturali.
Passi che alla ricercatezza celata del lino ho dovuto sostituire onesta maglietta traspirante e sneakers con solette plantari in silicone.
Passi che un po’ di tempo fa il gelato l’avrei preso solo dopo un minimo sindacale di birre pomeridiane.
Passi.
Però, cazzo: Piazza Mazzini-Piazza Duomo. Andata e ritorno. L-e-n-t-a-m-e-n-t-e.
E degli sguardi in opposto senso di marcia ai miei occhiali da sole non mi ha fissato nemmeno una donna dai 18 ai 50 anni!
Non mi era mai successo, mai! Fino a due-tre anni fa. Facciamo quattro, sì.
Che cazzo di vita insopportabile, l’età adulta: dover per forza parlare per risultare interessante.

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