Il sabato sera non esco. Da tempo immemorabile ormai se devo farmi a cimitero lo faccio nel feriale. Il sabato sera non esco. Sto a casa. Leggo. Faccio cose. Non vedoggente.
Sabato scorso ho finito di (ri)leggere il Simposio di Platone. Platone l’ha scritto quando ancora non sapeva che sarebbe diventato un aggettivo. Lui, dico.
Poi mi è venuta fame. Casa era vuota. Il frigo era vuoto. Un po’ pur’io.
Vestito della mia Panda bianca sono uscito e ho imboccato la strada di una pizzeria qualsiasi. In questa pizzeria qualsiasi c’era un sabato sera. Con della gente da sabato sera. Non avete idea di quanta gente del sabato sera mi sia passata davanti mentre aspettavo la mia pizza da portare in salvo a casa. Gente soprattutto femmina con tacchi alti e strass. Molti strass. Penso che queste esemplari si comprino proprio le cose per uscire il sabato sera. E si concino per sembrare ragazze del sabato sera. E sono ammirevoli: rischiano lo shock anafilattico sotto quel trucco da far invidia a Moira Orfei; rischiano femori ad ogni passo sopra certi tacchi da far invidia a Moira Orfei. Ai sui trampolieri intendo. Io le guardavo. Forse avranno pensato che fossi interessato a loro. Che gli strass avessero fatto il loro bell’effetto. Vero, comunque: le ho notate.
Sono tornato a casa con la mia pizza. Platone mi ha guardato schifato. Socrate ha vomitato.
Ho pensato che Platone ha scritto il Simposio nel IV secolo a.C.. Ho pensato che questo sabato sera, in quella pizzeria, sia accaduto nel 2019 d.C.. Ho pensato che il tempo si usa chiamarlo progresso.
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