Come quando nelle tv in bianco e nero i colori ce li dovevi mettere tu.
Come quando l’eurovisione chiamava a raccolta l’intero isolato.
Era ieri.
O molto di più.
Accalcati accaldati dietro una finestra secondaria a sbirciare dentro una cucina d’un ristorante un vecchio 14 pollici.
Andrea Pirlo non interrompe la rincorsa, solo rallenta l’incedere e sfiora di pazzia la sfera di cuoio, ora docile, ammansita. Che ci si soffia dentro insieme per sconfiggere la calura e per spingerla oltre la linea d’uno sgraziato omone figlio della regina.
Il genio, il fuoriclasse fa la cosa più difficile nel momento più impensabile. Ti sgrana gli occhi e ti secca la bocca. E poi scompare, come fosse normale, senza infierire sulla tua sopravvenuta inabilità all’articolare suono.
Nessuna vittoria sportiva, non illudiamoci, cancellerà i brandelli di un popolo stremato dalla propria stessa malcoscienza.
Nemmeno però potrà mai esserci infamia che cancelli il genio umano, che si manifesterà puntuale, su una tela, dentro un libro, su di un rettangolo verde, sopra un marciapiede ogni volta che ne saremo dimentichi.
Rispondi