Millemila lune (almeno)

Ma quante pause da sé possono prendersi, esattamente, senza morire?
E quali pezzi si devono soffocare per sopravvivere?

E quanto uno può divenire senza rinunciarsi?

E di che colore sono le ore che mancano al mattino?

E quanto conta chiedersi scusa?
Se sapessi suonare il sax me ne andrei sopra la più vecchia luna e starei lì a suonare per tutti i cani e gli astronauti di passaggio.
Poggerei un cappello ai miei piedi,
se lo trovo, di paglia
e non farei metterci nessuna moneta,
ma solo delle cose da buttare che non facciano rumore.
E terrei la bocca così piena di fiato da non potermi fare domande, più.
Suonerei finché ce ne sarà bisogno. Ché ce n’è bisogno. Di suonare per far piangere chi piangere non sa.
Ce n’è bisogno di piangere perché ti si dica “è tutto a posto” uno che si trovi lì.
E che ti asciughi e ti lasci il suo fazzoletto e voli via di nuovo,
ché ci son millemila lune almeno (ma credo di più) con concerti di notte sopra uomini da asciugare.

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2 responses to “Millemila lune (almeno)

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