L’abitante dei luoghi comuni

-Un caffè, grazie.
Sai, io dormo come un ghiro.
E poi Marlboro da venti.
Sai, io fumo come un turco-

Lavorava come un mulo,
e alla sera si scopriva,
traditor delle sue veglie,
a scopar come conigli
con la preda occasionale
Finché desto alle sue voglie
lacrimando, il coccodrillo
non ricominciava il giro:
-Un caffè, grazie.
Sai, io dormo come un ghiro.
E poi Marlboro da venti.
Sai, io fumo come un turco-

Vita comune, fino a impazzire
Prigioniero d’altrui luoghi
che retorica gl’impose

Assai facile vederlo
sbronzo a bere come spugna,
per le vie della città
che rideva a crepapelle,
sotto i portici del centro
che cantava a squarciagola

Normale da far schifo
la sua follia, perfino

Ma ad un tratto d’una notte
(era notte, quella notte)
ruppe i sui passi veloci
(lui correva a perdifiato)
ch’era innanzi ad una donna,
forse un uomo,
o un animale
(questo non è dato sapere)

E lo amò
Con tutti gli atomi del suo corpo lo amò
Come goccia che disseta filo d’erba morente
trafitta da un sibilo di sole
E capì
Con tutti gli atomi dei suoi neuroni capì

Fuggì via
Con tutti i maledetti atomi
del suo maledetto meraviglioso corpo
quella donna,
forse un uomo,
o un animale
(questo non è dato sapere)
gli fuggì

Lui restò
Mai più lo stesso
Che era (ora) null’altro che sé
Ché pianse lacrime
che mai nessuno pianse
Ché rise risa
che mai nessuno rise
E strillò ululati di bestie marine
a quel piccolo pezzo di luna
sopravvissuto alle nuvole

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