C’era una bimba
vestita da bomba
dieci anni un corpo
e pochi secondi.
Correva forte
la bimba bomba
lunghi capelli
ora di punta.
Gente tra gente
la bimba bomba
finché brandelli si ritrovò.
La bimba bomba
era un gioco d’adulti
che mai le regole io capirò.
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La bimba bomba
Il gioco del silenzio
Sssshhh, fate silenzio…
i bravi bambini non parlano,
fino a cinquant’anni i bravi bambini non parlano…
non importa se ascoltano,
ma i bravi bambini non parlano,
fino a sessant’anni non parlano,
i bravi bambini.
Nel silenzio del sud,
rotto solo da qualche pianto
che poi s’acquieta all’abitudine,
si sfiorano
discrezione ed omertà,
s’abbracciano
discrezione ed omertà,
si confondono
discrezione ed omertà.
Sssshhh, fate silenzio…
i bravi bambini non parlano,
fino a quando poi un giorno muoiono non parlano,
i bravi bambini.
Sedimenti(chi)
Cavalca le tue maledizioni
Addomesticale
Accarezzale grato
Non sopravvalutare complicità
che non conoscano solitudine
Alza il volume del tuo tumulto
ché adesso non c’è altro d’ascoltare
E poi riprendi per mano le tue ombre
Che le tue crepe siano
sottili pieghe del viso
Sorridi o usane esercizio
Non perdere il lume del disprezzo
Aspetta
Anosognosie culturali
Diseconomico spiegar a chi di pieghe vive.
La resa resta a chi di piaghe scrive.
Il non saper a voi teniate stretto:
l’ignoranza è l’alibi perfetto.
Senti.mento
Sparso tra umor acqueo di persone
ascoltar per sublimare una questione
A favor del mio villoso petto non depone
ritrovarsi a piangere in fondo a una canzone
Cose a forma di felicità
Un pallone tra due mattoni
a rotolare un gol infinito,
senza mai muovere la rete
Un rumore di mezzanotte
che sapevi avere barba bianca,
sentito ad occhi strizzati
Biscotti affondati
in una colazione di vetro verde,
sotto gli occhi ancora e già svegli di nonna
Il suono svelto
dell’ultima ora del sabato,
alla prima mattina di maniche corte
La testa tra la sua pancia
e il cielo di san Lorenzo,
fingendo di non avere altro cuscino.
Appagati nella sete che secca le parole.
L’attesa. Gioia. Di una risposta che già si sa.
Finché crescono in noi stupidi accademici
a cercar prove della sua esistenza.
Dio, la felicità…
Svanisce l’attimo in cui la si cerca.
Abbuffàti senza fame di surrogati cui si usa nome di serenità.
L’attesa. Angoscia. Di una risposta che non si avrà.
Persa
come quel pallone
che non ritornò
Fuggita
con quell’uomo panciuto, di soppiatto
la notte di Natale
Stanca
come corpo vitreo di vecchi
inumidito dai giorni
Rotta
come quella campanella
che, ruggine, non suona più
Sgretolata
come frammento celeste a contatto con l’atmosfera,
che credevi desiderio d’agosto.
Pelle o parole
Che siano pelle o parole.
Tutte queste nudità,
che poi non svelano niente.
Ci scopriremo senza bellezza
quando avremo finito di mostrarci.
Piccoli scontri
La mia anima gentile carezza il tempo
senza saperne scalfire il corso.
Là fuori corpi avvinghiati ad anestesie musicali
mordono spazi e muovono sudore.
La mattina è vento caldo,
odore di plastica e qualche scontrino per terra.
Chissà dove
Dove vanno le luminarie finita la festa patronale
Dove va l’alba degli spazzini quando restano soli a guardarla
Dove vanno i granelli di sabbia dei tappetini delle auto
Dove vanno i fili spezzati delle lenze
Dove vado io quando vanno tutti
Dove va la luce degli appartamenti al mare quando provi a chiudercela dentro
Dove va l’odore dell’asfalto quando piove, quando spiove
Dove va quest’altra Estate
Dove va Bruno Martino, d’Inverno
Dove vanno le vele ammainate orfane di vento
Dove va il rumore di bimbi che strillano alle onde
Dove vanno tutte le cose che in fondo non ritorneranno
Eri molto bella ieri in barca
mentre guardavi cose
che vedevo nel riflesso
dei tuoi occhiali scuri
Dove va il tuo mal di pancia quando non ti piaccio più.
La solitudine del tricheco
Tremendo ammasso di grasso
stremato sui ghiacci dell’artico
al sole viola di un altro giorno
senza tramonto
ad aspettar paziente il canto
di chi s’amorerà della sua calma
Tra distese ipotoniche di mammiferi
allungò più lunga la sua ombra
trascinandosi verso di lei
ché furon occhi negli occhi.
Nelle avoree zanne la condanna
d’impedire il bacio senza ferirsi.