Archivi categoria: Cose che ho scritto io e che, nonostante questo, condivido

L’otto tutto l’anno. O anche no

“Io l’otto tutto l’anno”. Auguri alle donne
“Io cotto tutto l’anno”. Auguri ai loro innamorati
“Io fotto tutto l’anno”. Auguri ai meno platonici
“Io sotto tutto l’anno” Auguri alle tradizionaliste
“Io sfotto tutto l’anno”. Auguri alla parte femminile di me
“Io lotto tutto l’anno”. Auguri alle ludopatiche, alle femministe e a quelle in bikini nel fango
“Io letto tutto l’anno” Auguri alle letterate, alle pigre e alle fedifraghe
“Io lutto tutto l’anno”. Auguri ai loro mariti
“Io rutto tutto l’anno”. Auguri a chi ci beve sopra
“Io sfrutto tutto l’anno”. Auguri alle mantenute
“Io sfratto tutto l’anno”. Auguri alle esattrici di equitalia
“Io tratto tutto l’anno”. Auguri alle donne manager
“Io fratto tutto l’anno”. Auguri alle donne divise o separate
“Io frutto tutto l’anno”. Auguri alle lucciole e a chi è sempre a dieta
“Io fritto tutto l’anno”. Auguri a chi non ne vuol sapere


Come quando (pigro ha due sole sillabe non a caso comunque troppe)

Non è mica, banalmente, soltanto pigrizia.
E’ molto più di non avere voglia.
E’ come quando per farti una camomilla, con tutti i pentolini sporchi, invece di sciacquarne uno metti l’acqua nella pentola per la pasta.
E’ come quando lasci l’ultimo biscotto perché non sai dove va la carta plastificata nella differenziata.
E’ come quando pisci con la porta aperta e ti riallacci un solo bottone.
E’ come quando lasci la luce accesa nel bagno casomai devi tornare.
E’ come quando vai a letto vestito senza lavarti tanto chi cazzo c’è.
E’ come quando esci con una tuta sopra il pigiama tanto chi cazzo trovo. E pure se trovo.
E’ come quando, al limite, ti togli le scarpe punta destra tallone sinistro punta sinistra tallone destro.
E’ come quando ma poi in fondo perché togliersele tanto basta che le suole non tocchino le coperte.
E’ come quando ti ricordi di aver lasciato la macchina aperta e il portafogli dentro ma non fa niente.
E’ come quando squilla il telefono fisso nell’altra stanza e preferisci richiamare col cellulare, procedendo a tentativi, chi ti ha potuto cercare.
E’ come quando sai che la E maiuscola accentata non si scrive così, ché quello è un apostrofo, ma la tua tastiera non ce l’ha e chi va a cercarla su google per fare copia/incolla…


Beati voi

Beati voi, che avete ‘sì tante certezze
Beati voi che je suis, tu es, il est, nous sommes, vous êtes, ils sont Charlie
Beati voi che – piacere, Charlie –
Beati voi che – ma tu guarda, alle volte, le coincidenze, ciarlo anch’io –
Beati voi che je suis Charlie anche il figlio appena nato (e a quindici anni già plagiato)
Beati voi che Charlie Brown che piange
Beati voi che pure il flash mob tutt’insieme
Beati voi che i cugini d’oltralpe
Beati voi che prima i cugini poi (casomai) i vicini
Beati voi miopi corretti che tutto v’indigna da lontano
Beati voi presbiopi corrotti che vicino non c’è nulla da vedere
Beati voi che condanno fermamente la matrice del gesto!
Beati voi che sapete a cosacomequando ricondurre il funesto
Beati voi che giocate a risiko con la geopolitica
Beati voi che ricostruite doviziosa la dinamica
Beati voi che avete d’ogni la soluzione
Beati voi che la libertà d’opinione
Beati voi che la libertà d’informazione
Beati voi che la libertà di stampa
Beati voi che la libertà vi stanca
Beati voi popolo di santi, poeti online e internettiani naviganti
Beati voi mò anche popolo di disegnatori
Beati voi che se avete finito i fiori nei vostri cannoni mettete grafite
Beati voi che temperate matite
Beati voi che stemperate coscienze sopite
Beati voi oggi tutti umili lavoratori della vignetta del Signore
Beati voi che conviene distruggere la loro razza
Beati voi che altrimenti qui laggente s’ammazza!
Beati voi che chiudiamo i confini!
Beati voi al saper così inclini
Beati voi che e perché i cristiani no?
Beati voi che l’India e i marò
Beati voi che almeno prima si facevano esplodere, questi
Beati voi che prima erano indiscutibilmente più onesti
Beati voi, Sherlock Holmes, che però ‘sta carta d’identità che ci sta a fare?
Beati voi che qui più d’una gatta ci cova, Watson, è elementare
Beati voi che il poliziotto era musulmano però
Beati voi che…  avranno sbagliato mira, e vabbuo’
Beati voi che l’undici settembre tutto è cambiato
Beati voi che era un complotto di Stato
Beati voi che l’America gli vende le armi, poi si offendono e si sparano, come accertato
Beati voi che Bin Laden Obama
Beati voi che Barack Osama
Beati voi che visto che già all’anagrafe era chiara la trama!?!
Beati voi che l’America… o s’odia Osama
Beati voi che il problema non è la razza ma la specie (specie quella razza)
Beati voi che ad ognuno le proprie confessioni
Beati voi che apriamo i confini ma chiudiamo i portoni
Beati voi che io l’avevo detto che la soluzione è l’ammore
Beati voi che tutti sul carro, anche funebre, del vincitore
Beati voi che si piange il morto più visto, Cristo!
Beati voi che piangete i morti loro con rispetto
Beati voi che i morti vostri, vi direi. Ma ometto.


I Mondiali ci raccontano (stralcio)…

Ogni 4 anni, ogni fischio d’inizio è anche la fine di un percorso.
Un fotogramma da lì immutabile che ferma, fissa ciò che sei, ciò che hai, i posti e le persone che quel percorso lo hanno percorso con te.
Quelle che ci sono ancora, e quelle che non ci sono più.
Ogni 4 anni un appuntamento con ciò che si è intrapreso e ciò che si è abbandonato, con i propri traguardi e la propria insoddisfazione.
4 anni.
In 4 anni scompare l’acne.
In 4 anni si perdono i capelli.
In 4 anni si finisce un ciclo di studi, se non si è troppo affezionati allo stile del fuoricorsismo.
In 4 anni si consuma un amore, benché prassi ci suggerisca spesso tempi ridotti.
Per chi ha vissuto nel sogno di dare calci al pallone, la maglia della nazionale non è solo fatta di stoffa, ma di appartenenza, riscatto, espressione del singolo, orgoglio…
Ed i mondiali non sono solo un avvenimento sportivo, ma la cadenza delle nostre vite, i rintocchi del nostro tempo.
Credo che chi ha la fortuna di correre dietro a quel pallone mondiale abbia anche la responsabilità di rappresentare tutti gli appassionati che non ce l’hanno fatta, tutti coloro che sudano di fronte alle difficoltà del quotidiano…
Senza orpelli né cuffie da TeleMike,
senza 560 ore di spocchia ignorante del tridente Varriale – Zazzaroni – Xavier Jacobelli,
senza la fulgida criniera di Paletta e Thiago Motta naturalizzati calciatori in Italia, perché in patria avrebbero fatto la terza riserva al magazziniere,
senza le scarpe bigusto fragola e puffo della puma per far distinguere ad alcuni destro da sinistro,
senza Giuliano Sangiorgi che canta Claudio Villa al karaoke,
senza il cattivo gusto di Suarez che, recidivo, assaggia Chiellini,
senza Moreno che si reincarna e ci arbitra ancora,
senza l’umidità assurta a causa della fame nel mondo.
Le lacrime che si piangono per un mondiale sono le lacrime che per pudore non riusciamo a versare negli altri ambiti della nostra vita.

Il primo mondiale di cui ho nitido il ricordo fu quello del 1990. Quando ancora ero certo che, i successivi, li avrei giocati…

Portato in scena con musiche di Domenico Pròtino e Marco Scarciglia, letture di Piergiorgio Martena, video a cura di Alessio Quarta.
Alle mie parole piace stare in buona compagnia.


Solecismo

Te sei Beatrice, ed io Dante
Te sei Laura, ed io Petrarca
Te sei me, ed io Dorian Gray
Te sei Jenny, ed io Forrest Gump
Te sei Ornella Muti in innamorato pazzo, ed io Barnaba
Te sei Ursula Andress, ed io Bond, James Bond
Te sei Tom Becker, ed io Oliver Hutton
Te sei Puffetta, ed io tutti gl’altri
Te sei mutandine bianche, ed io Gigi la trottola
Te sei il salmone più gigante del Canadà, ed io Sampei
Ma è mai possibile che si incominci coi sacri crismi e si finisca poi sempre a schifio?!?

N.B.: se non vi piace il titolo potete preferirvi “Te ed io”, anche in forma contratta.


Giornalai ed altri tipi d’ignoranza (del periglio d’incontrar loschi figuri navigando)

Tu sei gente che non sarebbe interessante nemmeno sotto un feltro Borsalino grigio piombo.
Tu sei gente che non sarebbe elegante nemmeno sopra un Guzzi “Airone” 250cc del ’39.

Tu sei gente che non avrebbe carisma e sintomatico mistero neppur dietro a un Persol 714 havana.
Tu sei gente che non avrebbe gusto neppur davanti ad un cognac Raymond Ragnaud Réserve rare.

Tu sei gente che i suoi segni non sarebbero parole neanche sotto stilografiche Mont Blanc
Tu sei gente che le sue tracce non sarebbero scrittura neanche sopra taccuini avorio rilegati in pelle.
(Tu sei gente che non sapresti sapere nemmeno innestato alla Grande Treccani)

Tu sei gente che ti parlerebbe Iddio nemmeno alla destra del Padre.
Tu sei gente che ti cagherebbe la Rivoluzione nemmeno alla sinistra Marx.

Ma tu sei gente che nonostante questo giri con cappuccio acrilico
al volante di una Twingo
occhialuto di Carrera bianchi
sucando Fanta con rumore
dgtando su testate online
(risolvendoti dubbi con Wikipedia, ché il Piccolo Palazzi l’hai perso).
E non so per chi votando, tant’è uguale.

Ecco.
Io fingerò nulla.
Tu evitaproprio, però.
Che sei gente che l’ignoranza ti ha imparato tante cose (per capirci).

Io che, fossi in te, maisia®.
Tu che, fossi in te, dovresti.


L’anima-lista

Fido abbaiava mugugni sopra la tomba del padrone
asceso al cielo causa potente deflagrazione.

-Or ditemi perché l’uomo, nell’animale regno,
l’unico dev’esser di sepoltura degno…
e non anche il quadrupede che ne ebbe cura-
Interruppe le esequie un panciuto di cultura.

-Dunque merita pianto un cane morto, come vuole,
e non invece quel maiale da cui fan le sue braciole?-
Caustico intervenne il vegetariano,
scacciando mosche con la mano.

-E perché codesti insetti?
La finisca… poveretti!-
Incalzò l’animalista,
disgustato a quella vista.

Detto questo risedette sulle comode poltrone
col suo culo, d’altre specie, uccidendone un milione.
-E adesso, a questo, chi cazzo glielo spiega!?!
Sono l’acaro e, di me, se ne fottono una sega-


La dura vita degli scrittori normali

Orsù dimmelo, ti prego…
come hai fatto tu, Alighieri, a fare quella cosa che hai fatto…
Cioè ma… ti rendi conto di quanto è difficile scrivere cose che sembrino geniali,
o anche soltanto belle, dopo quella cosa che ti sei inventata tu?
No ma, dico, lo sai che casino hai fatto tra tutti noialtri che si scrive,
tra tutti i poeti dopo di te Poeta?
Non ti viene vertigine a star così in alto?
Non ti girava la testa a girare gironi?
Non ti prende la nausea a guardar così in basso?
E Beatrice che dice?
Hai idea che invidia le altre?
Non potevi scrivere cose così, come tutti…
Maledetto brutto nasone
Io impazzisco se so come hai messo in riga i numeri a forma di parole
Se so come hai parlato tu della morte. E tu dell’amore
Sai… io di solito scribacchio anche benino,
e invece vedi quanto faccio cagare ché ci sei te?
Per colpa tua ho scritto ‘scribacchio’,
ch’è una cosa ‘sì brutta da meritar l’inferno…
come non esiste?
Se lo hai inventato tu!
E non fare il modesto,
ché sarebbe di pessimo gusto
Se n’è andata fanculo la metrica, e la sintassi financo
È il confronto ingeneroso
che rintrona la mia penna ed ottunde la mia trama
E non penso neanche,
essendo a trentatré suonati, e non son canti,
che nei due anni che mancano al mezzo,
chissà cosa mi possa inventare…
Suvvia, non prendiamoci per culo, o Sommo
So che avresti usato terga, o Sommo
Credo che,
per contrappasso,
almen leggermi dovresti


Olimpiadi infernali. Soc(h)i 2014

C’è un testimone per ogni staffetta:
l’italico popolo per la Renzi-Letta.
Strumento, mi dissero, di democrazia indiretta.
Suvvia professore, risposi, la smetta!
Di certo coscienza c’impone via retta
ma mai biasimar troppo in fretta
(persino banale parlare di “setta”):
in fondo, assai spesso, la prassi si accetta
purché, della torta, ne resti una fetta.

Soltanto un appunto, ché cena m’aspetta:
Signor Costituente, ossequi, permetta…
la Carta prodotta, al culo la metta.


Orbite

Pensavo, ‘sta notte
(ché io tutte notti penso tutta notte…)
Ma quanto forte bisogna lanciare un pensiero che ritorna perché non ritorni?
Non basta mica scostarlo,
certo che no
Non basta mica spingerlo via,
certo che neppure
Abbisogna proprio d’essergli tirato forte un calc’in culo
ma spesso nemmeno basta
Cioè un calcio forte quanto forte?
Una sbombata
come al pallone SuperTele o Tango
come tirasse Roberto Carlos
contro la Francia
il 3 giugno 1997
Di una potenza di centinaia di milioni di Newton,
o erano Joule,
o erano Hertz…
cioè, insomma,
Isaac, James Prescott, Heinrich Rudolf,
datemi una mano tutti tutt’insieme,
tutte unite unità senza misura
Che, secondo me, uno che scopre una cosa che già c’era
e le dà il suo nome mica è poi così giusto
Bisogna tirar forte un calc’in culo, dicevovi,
fino a che vada così in su
che su di esso
pensiero
più non eserciti forza la gravità terrestre
Ma se poi senza gravità mi diventa leggero,
il pensiero,
allora, ho pensato trai pensieri,
‘sto pensiero magari lo rivoglio, rivorrei perlomeno
Eh, ma… dove vado per le galassie a cercarlo,
se poi magari chissà su quale asteroide si è disintegrato
o buco nero si è precipitato risucchiato,
ché tutto sugge il buco nero,
come portentosa donna universale
che compie di tutto sesso orale
Ecco… e se poi?
Non mi decido mai cosa volere
Voglio solo quello che manca
Pensavo ‘sta notte
(ché io tutte notti penso tutta notte…)