Archivi categoria: Poesie d’amore e d’altre cose sopravvalutate

Art. 99 comma I

Palpiti daltonici.
Pensieri asfittici.
Fremiti senza meriti.
Latrati afoni nei finestrini appannati.
Faune conniventi,
vertigini di cieli toccati,
rabbia e istinti,
e fughe,
e ritorni,
e morsi e grida e porte sbattute.
Ogni volta per l’ultima volta,
fino all’ultima volta.

Nota: Questi versi non sono dedicati a chi li ha ispirati


D’esistere

Sono superficie.
Penso all’ignavia che spreca gl’istanti
senza aver dato parto che sia bellezza.
Penso alla sola omissione peggiore:
non averla fermata.
Sopra un foglio di carta,
nei pixel di una macchina fotografica,
trai tasti di un pianoforte,
sulla pellicola di un film,
sui colori di una tela.
Non incisa indelebile
su cuore destinato al macero,
né sulle retine che cenere saranno
sotto palpebre di cenere.   
Voglio rimanere
parola,
faccia,
nota,
scena,
chiaroscuro.
Vivo cercando il modo di sopravvivermi.
Sbraccio confusamente perché non m’affoghi,
trascinandomi al profondo,
l’idea disumana della transitorietà.
Resto superficie.

 


L’uomo dalla vista balbuziente

C’era un uomo assai bislacco
che lontano dalla gente
si portava sempre appresso
un cappotto ed un difetto
che quel medico ostinato
volle definir balbuzie
Era un bravo ballerino
nonché abile cantante
ma in virtù del suo problema
lui poteva sol cantare
ba-ba-baciami piccina
sulla bo-bo-bocca piccolina

Un bel giorno lo incontrai
Era sotto il suo cappello
a me par di ricordare
camminando ‘sì distratto
che non lo potei fermar
Ma mentr’ei s’allontanava
come ladro di momenti
gli scattai rapida foto

Qual stupore in digitale
mi lasciò sgranati gl’occhi…
tutt’intorno a quel figuro
non v’era nulla di intero:
solo curve e linee rotte
vetri infranti e sole a spicchi

come quadri futuristi.

Forse vinta al mio tremore
mi s’avvicinò una donna
che mostrando di sapere
di quell’uomo così strano
piano fece alle mie orecchie
disvelandone l’arcano:
-Si sentiva molto solo
perché non era compreso
Non potendo sistemare
quell’ingorgo di parole
fece a pezzi il suo orizzonte
per poterlo raccontare.


Il poeta

Ti voglio bene. Disse.
Ma mai contò quanto potesse far male
la più bizzarra delle imposizioni.
Sopra un disco che gira Cinema Paradiso
poggia ogni giorno due lacrime
che non ha mai saputo raccontare.
Piange soltanto lì.
Su quei violini.
Beve se piove.
Parla solo ai rospi e ai bambini.
Fugge sui tetti ad abbracciasi alle nuvole.
Beve se piove.
E non ricorda ciò che scrive.
Cerca curve negli angoli.
Vive danzando sui mali del mondo.
E ripensa quello strano stato tra il suo stomaco e Bahia.


Insetti

Logoro di devozioni malandate mi risveglio
Viso stropicciato dalle notti

Ridesto nella luce che inusuale pace affiora
piano inseguo, con lo sguardo e poi coi passi,
libellule sopra meno scivolosi prati

Sulle punte leggere ascolto vento
talento presunto
presuntuoso vanto

Svestendo i modi delle mie rigidità,
scivolo bussando porte aperte ai più

Sulla soglia resto a sbirciare dentro

Scrupoloso addomestico pugni di mosche

http://www.youtube.com/watch?v=Rr9swVzNUck


Appunti di desiderio

Ebbra l’attesa si scioglie in fragranze di vaniglia e tè bianco,
occhi impazienti assaggiano le meraviglie dei propri possessi;
osmosi di sensi tremanti.

In perfette aderenze si mescolano ventri concave e voglie convesse,
lente carezze scorrono armonie musicali di corpi flessuosi;
vicinanze ermetiche.

Denti stridenti strappano gli ultimi lembi di stoffa gelosi,
morsi violenti straziano labbra irrorate di purpurea rosa;
dondolii tellurici.

Mani ingorde si scaldano al crepitio dei piccoli seni golosi,
docili piedi si sfiorano complici cercandosi in angoli nuovi;
brandelli di lussuria.

Il brivido di un fiato nel sudore chiede strada lungo la schiena,
bocche ansimanti trattengono pudiche sospiri clandestini;
dissonanze retroattive di ipertrofici tarli.

Rivoli di piacere umidi attraversano i sinuosi sussulti di cosce tornite,
sazia la pelle si posa sfiorandosi ancora;
voluttà sconfitte.

Una lacrima riga di sale i volti d’amanti.