-E tu perché sei qui?-
-Giocavo in una strada di polvere. Inseguivo qualcosa. Ho sentito rumori d’aria mossa. E caldo da non poter gridare-
-E che ti è successo?-
-Non respiravo più-
-E poi?-
-E poi sono morto-
-Strano epilogo, mi pare. Ti sarai sbagliato. O magari non sapevano che c’eri tu, laggiù. A volte, sai, non c’è nulla di più facile che non vedere, da così lontano-
-Era già successo, altre mattine-
-Un incidente senza testimoni. Un incidente, un incidente come tanti-
-Non ero solo-
-Chi vuoi che abbia imparato a volare per uccidere i propri figli?! Che anime siete? Di che specie?-
-Siamo umani-
I bambini di Idlib aspettassero seduti su quella nuvola blu – Si sentì da un’altra voce poco più distante.
-Vieni, lavati il viso e aspetta. Non so se esiste, per voi, nemmeno qui, un posto o un paradiso-
Archivi categoria: Poesie d’amore e d’altre cose sopravvalutate
Accade spesso, mentre giochiamo
Geometrie variabili
Come un bambino stanco
Vorrei dormire come un bambino stanco
nella veranda della mia casa al mare,
affacciata sul rumore di cicale e facili speranze
I miei sogni confusi al giorno dopo
La pelle ancora sapida dell’ultima ora di giochi d’acqua
sopra una sdraio di tela chiara
Mia madre mi poggia un vecchio asciugamano per tenere a bada l’umido della sera
Il mio piede scalzo scivola via, come in un tentativo di finta ribellione

Ruberie opportune
2 Settembre
E passano le estati
ad aspettar gl’inverni
e passano gl’inverni
ad aspettar le estati,
sull’uscio bestemmiando
l’afa e la ragione,
il vento e l’illusione.
Rotola una foglia secca
spinta dall’ultima porta sbattuta,
ché si deve andare.
Camminavo oggi,
di settembre,
lungo la riva di non so cosa;
mi pare più lento
il respiro del mondo.
Costumanze
Sono l’Infuso che colora l’acqua bollente.
Il puntiglio dei miei programmi sterili.
Sono le note che sfoglio.
I rumori mentre gli altri dormono.
I dolori che affiorano intorno.
Sono l’ora che leggo sotto l’ultima chiamata.
La luce che accesa sopravvive al mio sonno.
Sono l’odio per le abitudini di cui ho bisogno.
L’abitante dei luoghi comuni
-Un caffè, grazie.
Sai, io dormo come un ghiro.
E poi Marlboro da venti.
Sai, io fumo come un turco-
Lavorava come un mulo,
e alla sera si scopriva,
traditor delle sue veglie,
a scopar come conigli
con la preda occasionale
Finché desto alle sue voglie
lacrimando, il coccodrillo
non ricominciava il giro:
-Un caffè, grazie.
Sai, io dormo come un ghiro.
E poi Marlboro da venti.
Sai, io fumo come un turco-
Vita comune, fino a impazzire
Prigioniero d’altrui luoghi
che retorica gl’impose
Assai facile vederlo
sbronzo a bere come spugna,
per le vie della città
che rideva a crepapelle,
sotto i portici del centro
che cantava a squarciagola
Normale da far schifo
la sua follia, perfino
Ma ad un tratto d’una notte
(era notte, quella notte)
ruppe i sui passi veloci
(lui correva a perdifiato)
ch’era innanzi ad una donna,
forse un uomo,
o un animale
(questo non è dato sapere)
E lo amò
Con tutti gli atomi del suo corpo lo amò
Come goccia che disseta filo d’erba morente
trafitta da un sibilo di sole
E capì
Con tutti gli atomi dei suoi neuroni capì
Fuggì via
Con tutti i maledetti atomi
del suo maledetto meraviglioso corpo
quella donna,
forse un uomo,
o un animale
(questo non è dato sapere)
gli fuggì
Lui restò
Mai più lo stesso
Che era (ora) null’altro che sé
Ché pianse lacrime
che mai nessuno pianse
Ché rise risa
che mai nessuno rise
E strillò ululati di bestie marine
a quel piccolo pezzo di luna
sopravvissuto alle nuvole
Trai fogli rimasti
Scrivo la bella copia delle mie paure.
Vivo la brutta copia della mia immaginazione.
E intanto strappo giorni come fossero carta
Affidandoli al fuoco ch’entro mi arde e disegna
Pensando a quale forma di vanità affidare i miei resti.
Mediterraneo
Ogni bambino che muore è un fiore che non sboccerà.
Penso che ancora a più della metà dei nati non sia riservata la possibilità di esistere.
Penso alla beffa di un genio che nessuno mai saprà.
Penso al quieto riparo della nostra responsabilità.
Penso alla tempestosa via di fuga,
tra le braccia provate di una madre.
Fuggire.
Da ciò che non hai, da ciò che non sarai.
Fuggivano senza sapere quegl’occhi di bambino,
nell’iride ultima istantanea impressa,
sottratti da un’onda al destino monco nelle proprie terre.
Dietro gli angoli
Dietro gli angoli delle strade
cercavamo vite,
palloni persi,
occhi rubati,
baci mai dati,
figurine girate
(curvi sui gradini dell’uscio più in alto).
Cercavamo vita,
ginocchia sbucciate,
baci sfiorati,
occhi turbati,
dietro gli angoli delle strade,
dentro, gli angoli delle strade.
Oggi reti wireless
(curvi sui gradini dell’uscio più in alto),
dietro gli angoli delle strade.
