Specchi (d’acqua)

Fetida, putrida acqua che non scorre.

Eredità tra vivi.

Si finge speranza

se riflessa dalla prima luce del mattino nuovo.

Si veste di rabbia

se il passaggio rapido di cumuli grigi ne obnubila la stasi.

Si maschera di certezze

se nessun vento ne corruga la tregua.

Marcia, malsana acqua che non scorre.

Abitudine, null’altro.


L’airone nero

C’è la luce rosa dell’alba,

di quando dormire ti sembra sprecare altro tempo

C’è il sole fresco della mattina

ad asciugare sudore alle mani

C’è un paio di piedi che camminano passi normali

C’è un paio di gambe magre che possono aspettare

Non importa molto dell’altro ch’è intorno,

perché troppo ha importato quel poco che c’era

C’è un airone nero venuto da lontano

Racconta di posti dove non c’è il tempo, maledetto, per pensare

Racconta di come perdersi, ritrovarsi,

e poi perdersi ancora,

purché abbastanza leggeri si sia per andare

E avvicinarglisi un altro po’ basta,

per farsi spiegare come spiegarle, le ali

 

DSC_0083 - Copia


Etologia delle amministrative. Il Candidato (tipologie) -parte II-

Tipologia 6
IL SALUTISTA

È il candidato che, avendo contezza dei propri problemi con le parole e col loro significato, si limita a salutare. Sempre. Praticamente lo stereotipo dell’omicida inatteso.
E lo fa con tutti: donne, uomini, bambini, cani, porci, volatili e, nei giorni più prossimi al minuto d’esilio in cabina, anche automobili parcheggiate, aerei, ottovolanti ed altri oggetti inanimati.
Si narra che se lo si saluta per primi vada in crisi d’identità e venga dominato da convulsioni con bava alla bocca, già peraltro abbondantemente presente non in costanza di crisi.
Modifica abilmente la tecnica del movimento ondulosalutatorio, affinata nel tempo, in base a parametri quali la distanza spaziale e l’estensione del nucleo familiare: da un lieve, accennato formicolio delle dita alla disordinata circonduzione delle braccia stile ‘sto affogando nonostante dovrei galleggiare’.

Tipologia 7
L’INCENSURATO

Il candidato candido.
Non è stato mai condannato, mai imputato e mai indagato. E non sa neppure la differenza trai tre status.

Tipologia 8
LA QUOTA ROSA

Frutto della fantasmagorica trovata del legislatore che abilita alla doppia espressione di voto solo se uno è destinato ad una candidata donna. Un casino che nemmeno i playoff di lega pro.
E allora via al rituale del corteggiamento che nemmeno nelle Galapagos durante la stagione degli amori. Così sì che si combatte il sessismo… e se fate le brave vi fanno uscire anche un uomo dalla torta che vi lava i piatti in perizoma leopardato.
Al vaglio anche l’ipotesi dell’ingresso in lista in coppia, senza consumazione obbligatoria entro le 22. In caso di avvenuta consumazione con conseguente stato interessante pare sia agli atti anche un disegno di legge che imponga all’esercente patria potestà di sopprimere dal secondo maschio in su, ma comunque a scelta trai nascituri, in ipotesi di parto gemellare.

Tipologia 9a

IL MILITANTE FASHISHTA
È notoriamente un troglodita che si esprime a gesti.

Tipologia 9b

IL MILITANTE COMUNISHTA
Come sopra.

Tipologia 10
IL TESTIMONE DI GEOVA

Si aggira sinistro per le vie del paese, solitamente nel primo pomeriggio torrido, anche a frotte in modalità Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo (trattasi evidentemente di falso), e suona al campanello di casa esattamente mentre stai per portare alle papille il primo boccone del pranzo per tamponare l’ulcera provocata dai 7000 caffè mattutini.
Ti trascina fuori con la scusa di parlarti e, mentre con l’ausilio di compari compiacenti ti fa il gioco delle tre carte, ti ritrovi con l’abbonamento a sky cinema (i nostri programmi sono differenti!), i ricambi della folletto (pulizia per la riqualificazione delle periferie!), una batteria di pentole mondial casa del ’94 (ricambio generazionale, ma solo con usato garantito!), l’almanacco(!) di frate Indovino e centosessanta santini in tasca. Da tirare tutti, indiscriminatamente.


Etologia delle Amministrative. Il Candidato (tipologie) -parte I-

Tipologia 1
IL BANCONISHTA

Altrimenti detto Alex Britti, lo trovi già dalla mattina alle cinque al bancone del bar, a portata di cassa. “Il caffè è pagato”, fa sornione mentre tu è la terza volta che entri in quel cazzo di bar perché vorresti una fottuta cedrata Tassoni.
Capita, non di rado, di trovarvi contemporaneamente più elementi della stessa lista, da cui la nota locuzione ‘Coalizione da Tiffany’.
Il controllo dei bar durante il periodo preelettorale è vasto, rigido e regolamentato almeno quanto il cartello di Medellin. Con la differenza che ai narcotrafficanti colombiani qualcuno è riuscito a sfuggire.
N’espresso. Uot els?

Tipologia 2
L’UOMO COL PACCO

È, in assoluto, il candidato storicamente più ambito.
L’uomo col pacco, pacchetto ad inizio carriera, porta sempre con sé un numero cospicuo e preciso di preferenze in virtù di rapporti faticosamente costruiti nell’esercizio del proprio ruolo e/o professione, senza il fastidioso disturbo accessorio di dover giustificare programmaticamente la propria candidatura.
Se l’uomo col pacco per antonomasia era rappresentato dal medico, meglio se ilmedicodelamutua, attualmente stanno emergendo come portatori di pacchi nuove figure similprofessionali che, pur senza prescrivere ricette, si trovano sistematicamente a mangiare.
Nella versione moderna è talmente ignorante da pensare che per “voto di scambio” si debba intendere la promessa alla moglie di frequentare a cadenza prestabilita coppie disponibili e consenzienti all’incrocio delle pratiche sessuali.

Tipologia 3
IL TRASFORMISHTA

Spesso non distante ideologicamente rispetto all’uomo pacco, viene sovente detto uomo col pacco-bomba per l’effetto che solitamente genera sugli equilibri del panorama politico locale.
Il suo ego ipertrofico passa con nonchalance da una coalizione all’altra pur di trovare un buco di parcheggio come in un sabato pomeriggio qualsiasi all’ipercoop. Quando non lo trova si limita ad invettive contro l’amminishtrazzzione, forzando la dizione, difensore degli oppressi, sulla Z di zorro.

Tipologia 4
LO SPECIALISHTA

Candidato o portatore sano di candidatura. Come la Fenice rinasce dalle sue stesse ceneri, per un mese, ogni cinque anni. Non si sa dove passi il tempo restante, ma per quel mese ha il dono dell’ubiquità. Una specie di Santa Claus la notte di Natale. Pare sia stato visto a casa mia, da mio zio, sul palco del comizio in piazza e dietro all’inviato di telerama contemporaneamente.

Tipologia 5
IL LIBERO OPINIONISHTA

Insieme all’urgente necessità di farcene dono, ha un’opinione su tutto: le strade, le buche, il buco dell’azoto, i vaccini, la strage di Ustica, il fuorigggioco. Ed è, nel suo sapere, perfettamente trasversale e polivalente: non sa un cazzo di niente allo stesso modo e per qualsivoglia argomento. E non vede l’ora di farcelo sapere.
Sugge con avidità informazioni dai link di feisbuc che copiaincollano cose che copiancollano cose, ed il suo sogno nell’armadio è partecipare all’Arena di Giletti. Per intanto staziona stabilmente all’interno dei gruppi d’opinione sui social, alternando attacchi di logorrea acuta a panegirici alogici da trattamento sanitario obbligatorio.
Se lo si contraddice recita articoli della Costituzione a minchia di cane.
Per lui l’opinione non è una facoltà ma un obbligo, e la grammatica non è un obbligo, ma una facoltà. Mai frequentata.

(continua…)


Anconvenscional lov

Lei, timide gote di pesca
Lui, anello d’oro con testa di leone
Lei, profumo di fiori di loto
Lui, irsuto pelo fuor di canotta
Poca notte li unì
Lei, rugiada, rivestì la pelle di luna
Lui, unto, asciugò la polpa paonazza

“È la prima volta, da quando la mia unica donna fuggì tre lustri fa. Vorrei rivederti, se non disturbo” sussurrò tremulo d’amore.
“Cento euri” disse lei a palmo aperto distratta dalla fretta del nuovo incontro ad ore.


Andare

La schiena distesa chiude fessure lungo ergonomie di scogli,
asperità di pietra levigate dall’acqua come ricordi dal tempo.
Importuno il riverbero luminoso del mare attraversa le palpebre chiuse.
In un solo respiro, poco più profondo, sarà un sorriso senza rumore. 
Bastarsi. Somiglia a quando nessuno ci guarda, al tiepido dei primi raggi d’aprile.

L’ultima vanità sarà riuscire a dare senza aspettare riconoscenza,
ché pure quello è dipendere dal giudizio.
Andare.
Nei tuoi piccoli posti diventano tutte piccole cose,
granelli di sabbia che, scalzo, non danno fastidio.

https://www.youtube.com/watch?v=yyYhZ9HH8cI


Accade spesso, mentre giochiamo

-E tu perché sei qui?-
-Giocavo in una strada di polvere. Inseguivo qualcosa. Ho sentito rumori d’aria mossa. E caldo da non poter gridare-
-E che ti è successo?-
-Non respiravo più-
-E poi?-
-E poi sono morto-
-Strano epilogo, mi pare. Ti sarai sbagliato. O magari non sapevano che c’eri tu, laggiù. A volte, sai, non c’è nulla di più facile che non vedere, da così lontano-
-Era già successo, altre mattine-
-Un incidente senza testimoni. Un incidente, un incidente come tanti-
-Non ero solo-
-Chi vuoi che abbia imparato a volare per uccidere i propri figli?! Che anime siete? Di che specie?-

-Siamo umani-
I bambini di Idlib aspettassero seduti su quella nuvola blu – Si sentì da un’altra voce poco più distante.
-Vieni, lavati il viso e aspetta. Non so se esiste, per voi, nemmeno qui, un posto o un paradiso-   


Tartarughe e corpi celesti

Io, se non ho saputo male, ho davanti assai meno tempo del sole

Ed anche di ogni altro astro conosciuto, se non ho saputo male

E di ogni pianeta del sistema solare, debbo avere, mi pare

Meno degli ulivi secolari, se non li tagliano

Delle sequoie tutte

E di qualche mandarino. Albero, intendo

Di quelli che ci rubi in fretta i frutti, da piccolo, quando non t’interessa troppo quanto tempo resta, ché l’importante era scappare

Anche meno, ho letto, di molte specie di tartarughe ne ho, che sarà perché vanno piano

Che poi non s’immagina a cosa serva, tutto ‘sto tempo

Magari quel lento e grosso animale, non dico di no, lo bestemmia tutto quel tempo che avanza

Magari qualche corpo celeste si stancherà pure di stare nei cieli infiniti a girare le orbite che un noto geometra gli disegnò

Ma mica è bello noi qui con l’ansia che stia per passare

Pur vero è che altri esseri ne hanno ancor meno, di tempo,

ma quelli no, mica lo sanno e chi se ne fotte

Guarda, ci pensi?, è davvero da uscire di testa, che ci son tartarughe che c’erano già quando non c’era nessuno di noi e ora ancora ci sono

O che il sole farà caldo di mattine di aprile che nessuno sentirà

E intanto qui giù lo passiamo così, lo spicchio di tempo che ci è dato usare:

a cercare chi, mentre come si può ci si faccia all’amore, per un tempo piccolo ce lo faccia scordare

quel piccolo tempo che ci è dato usare

Fremito di foglia incurante di quando si possa staccare


Felice genetliaco (anche) a te

Contro quella Cecoslovacchia, l’ultima intera prima che la geopolitica ridisegnasse, sminuzzati, molti dei confini europei, vinciamo 2-0.
Ed il secondo gol è un dipinto di un giovanissimo calciatore che sarebbe diventato, per molti, il più forte calciatore italiano del dopoguerra.
Uno-due con Giannini, la palla sfiorata con morbidezza, d’esterno, un dribbling e poi un altro, l’ultima finta di corpo è da museo del calcio: il difensore va via senza nemmeno bisogno di un altro tocco, perché l’ultimo servirà a Roberto Baggio per mettere la palla alle spalle del portiere.
Stadi gremiti di rivalsa e televisioni sotto cieli d’Estate. Gli scarpini di pelle nera appena comprati già ai piedi per ripetere l’inimitabile.
È il 1990. La gioia dei miei 11 anni era la gioia di un popolo intero.
Baggio è poesia. Ed è di tutti, perché non appartiene a nessuno.
Baggio avrebbe indossato molte maglie, mescolato colori e religioni da spalti, costretto da meccanismi di mercato e da mister devoti al proprio credo schematico che, nonostante gli sforzi, non avrebbero ingabbiato la sua fantasia.
Baggio avrebbe indossato molte maglie. Ma mai nessuna gli vestiva bene come quella azzurra.
Baggio è poesia. E lo sarebbe stato ancora.
Nel mondiale americano del 1994, dopo un girone passato solo per la differenza reti, avrebbe preso per mano la nazionale di Sacchi, ed in mano le sorti del mondiale, a 3 minuti dall’eliminazione. Una palla messa nei soli 30 centimetri possibili, tra il palo e la mano protesa del portiere, e tacchi e punte di fattura meno nobile dei suoi.
Baggio avrebbe segnato ancora alla Nigeria, e poi alla Spagna, e due volte alla Bulgaria, portandoci in finale a Pasadena.
Ma la poesia non è perfetta, sarebbe troppo banale. Baggio sbaglierà il rigore decisivo, forse tradito da qualche vecchio bullone messo a sostegno di quelle ginocchia fragili e martoriate.
La poesia non è perfetta.
Baggio ha messo la palla troppo in alto.
Qualcuno dirà che quello era un passaggio a Dio.
Perché a poche espressioni del genio di taluni è concesso divenire patrimonio del vissuto comune.
Oggi Roberto Baggio ha 50 anni. Noi ex ragazzini innamorati si guarda bulimici le tv a pagamento cercando surrogati di quel talento di cristallo, desti al sogno di ripercorrere le sue gesta.
Quel che resta è incredulo incanto. La leggerezza immanente della corsa, la memoria ingenua di quella finta, la purezza di ciò che eravamo, ch’è tutta in quel tocco senza rumore.


Geometrie variabili

È tutto da vedere, poi, che tra due punti ci passi una sola retta.
Io tra due punti ci passo una vita.
Parto, rallento, riparto, ritorno.
Infilo un’altra notte in fondo a un altro giorno.
Immagino percorsi con le dita.
È tutto da vedere, poi, che tra due punti ci passi una sola retta.
E non ci credere, quando ti dico aspetta.