Archivi categoria: Poesie d’amore e d’altre cose sopravvalutate

Varie forme di-vento

Volontà intorpidite dalla prima calura

Musiche intonate dai percorsi del vento

Sopra un sentiero schiaffeggiato da una vecchia auto
le convulsioni di una pagina scaduta

Sono (sei) radici profonde che fanno ombra alle chiome

L’anima muove poco aldilà delle fronde

S’apre di più il vento

Dentro i luccichii delle due
sbatte le ali un gabbiano per star fermo

Ehi, ti sei già scordata di me?


Mi contengo

Contengo idee. 
Che lume fioca agli altri non traduce. 
Costrette nel mio ventre senza parto 
da mondi troppo ripidi e veloci.
Avverto solo l’eco del passaggio, 
che corpo denso più forte propaga. 
Sorrido d’incompiuto ed alimento 
girovaghi pensieri seminudi.

(endecasillabo sciolto)


Le ceneri dell’8 marzo

Restano mimose rinsecchite
lungo le vie assonnate di sole
Calpestate da passi distratti di viandanti casuali
come pezzi di donne violate
Stamani incalzano sopra al picchiettio di un tacco dodici
spoglie nei tailleur di una nuova accondiscendenza
Negli orecchi ancòra eco di starnazzi
Negli occhi corpi unti pagati una cena al tavolo di un bar
Nel rovo l’amore puro di chi non le avrà


Storia di un omino

Camminava la vita un omino timido di speranze
custode geloso di disegni abbozzati
Coprì il suo pudore vestendosi di un altro corpo
Fu una lunga notte
Il mattino lo scoprì solo, e nudo
Nudo
come di fronte a tutti gli occhi che avrebbe incontrato
di una madre stanca
di un passante allegro
di un amore randagio
di un gatto annoiato
Via, lontano dagli occhi l’omino fuggì
Esiste vita dove nessuno può vederla?
Lacrime nel frangersi bianco dei flutti
Un sospiro nel fiato cobalto del vento
Svanirono le vergogne del vissuto nel rosso silenzio di un’alba
L’omino è parte del tutto, lontano dai sensi.


Illazioni ottiche

Singhiozzano sulle mie corse
le ombre di un viale alberato.
Ho paura ma non passa.
Come i riflessi di due specchi contrapposti
echi infiniti nascondono l’ultimo attimo.
L’inizio ci è concesso
dall’abile prestigiatore che occulta la fine.


Al posto mio

Inondato di luce filtrata da poca nuvola.

Ognuno è lo scoglio da cui per primo guardò il mare.

Da ogni punto della linea infinita che un dio ci disegnò sul palmo cercheremo lo stesso orizzonte.

Colate di grigio.

Soffocano memorie sotto perfette geometrie.
Annaspano sotto il plagio di profili reiterati.
Senza che più disti oriente da occidente.

Al buio delle nostre camere oscure solo ricordi prigionieri di una foto sbiadita.
Capiterà nelle mani di un figlio,
distratto al suo gioco.

Costruire castelli in aria non comporta mai l’estremo dell’abusivismo edilizio.


Alberghi

Porto dentro me alberghi tristi 
sale d’aspetto vuote, luci pigre
 
ed un bagaglio a mano abbandonato
Un portinaio spolvera la noia
Affondo in un divano dentro un whiskey
Con volto da puttana s’avvicina
quel che mi resta ancora della vita
Le stringo i seni e strappo via la buccia
 
-permette questo tango, mia signora?
Lei beve dalla bocca che vi parla
-tu porta la mia carne dove credi
Sussulta e mi conduce dove vuole
Per terra lascio frangere il bicchiere
.


Note di notte

Lascia segni ogni sogno.
È ancora più buio quando apri gli occhi.
È solo il cigolìo di un vecchio forno il profumo del pane.
Cerco un’orchestra che non suona
per distrarmi col movimento degli archi.


Cosa t’aspetti?

Un sorriso socchiuso,
una solitudine scambiata,
come ce ne fossero sempre altri,
come ce ne fossero sempre altre.
Abortire gentilezze
come ci fosse sempre tempo.
Corrono cieli indecisi
nuvole che non sanno aspettare.
Restano parole non dette,
abbarbicate lungo la gola.
Stretto nei palmi sudati
ciò ch’è fuggito lontano.


È Natale

Non c’è abbastanza neve
ché possa essere candore prima di sciogliersi.
Luci blu e capelli d’argento
scivolano il profilo della piazza del centro.
Aneliti d’anima vestiti di fiato
si trascinano e condensano nell’aria.
Nascosti dietro ai baveri alzati
cacciatori senz’armi
di un altro regalo da non dare.
Avvolti in abitudini e shetland
passanti infeltriti,
senz’altro orizzonte del guardo
che il pavé dove scricchiolerà il prossimo passo.
Ciondolano addobbi di strani alberi genealogici:
sono padri e mariti
di speranze invecchiate alla fermata del 13
e solitudini fedeli,
sono madri e spose
di figli avuti in prestito al tavolo verde del destino
e del loro ricordo,
sono figli
di amori che lasciano incinti per sempre
di qualcosa che non nascerà.
Natale.
Suona una nenia
resa metallo dai nostri anfratti umidi.